Aree Protette d’Europa
Il Consiglio dell’Unione europea ha definito quale obiettivo primario “arrestare la perdita di biodiversità e il degrado dei servizi ecosistemici nella UE entro il 2020, e di restaurarli per quanto possibile…”, riaffermando che “Aree protette e reti ecologiche sono una pietra angolare degli sforzi per preservare la biodiversità” e rimarcando “la necessità di dare piena attuazione alle Direttive Uccelli e Habitat, per accelerare il completamento della rete Natura 2000, sia in terra che in mare, e di garantire un adeguato finanziamento.”
A questi intenti, della Comunità politica d’europa si è unita la Comunità dei parchi d’europa che riunita a Pescasseroli (PNALM) lo scorso anno in occasione di Europarc 2010 ha sostenuto la necessità di:
• riconoscere e riflettere nelle politiche, programmi e allocazioni di risorse adeguate per le Aree Protette, per garantire la conservazione della biodiversità e dei servizi ecosistemici, per la salute dell’ambiente futuro e la ricchezza economica dell’Europa;
• utilizzare le competenze e le esperienze maturate nelle Aree Protette per guidare approcci innovativi ad un uso integrato del suolo e allo sviluppo rurale;
• integrare le politiche pubbliche in modo tale che consentano alle aree protette di svolgere con successo il loro ruolo di modelli di gestione territoriale, con il coinvolgimento permanente delle comunità locali;
Già nel 2008 la Comunità europea aveva adottato una risoluzione del Parlamento sulle aree naturali in europa integrando le specifiche competenze su rete natura 2000 con programmi e progetti innovativi come la rete delle aree protette del progetto PAN sperimentato nei parchi nazionali di varie nazioni tra cui per l’italia, il parco nazionali della majella.
L’approvazione in Italia della Convenzione Europea del Paesaggio con legge n°14 del 9 gennaio 2006 ha aperto un fronte di integrazione sulle politiche di gestione del territorio orientate alla “qualità paesaggistica” intesa nell’accezione “del valore che le popolazioni locali interessate aspirano a veder riconosciuto per il loro ambiente di vita” .
Recentemente l’Unione Europea ha deciso di sottoscrivere il protocollo di Nagoya sulla convenzione sulla diversità biologica relativo all’accesso alle risorse genetiche e alla giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dal loro uso.
La portata e gli effetti di questi scenari europei evidenziano la necessità di integrare e rilanciare un approccio che ricomponga un nuovo quadro di esigenze che rispondono anche all’ansia di innovazione e rilancio delle aree protette che nel contesto nazionale si perdono nelle nebbie di rivendicazioni e imbrigliamenti politico-istituzionali voluti e determinati da anni di rilassamento e rinuncia a innovare e contestualizzare l’evoluzione della gestione delle politiche per le aree protette europee.