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Occorre ricordare la storia naturale della nostra specie, legata a questo pianeta, dove le leggi della natura governano il nostro futuro. Nei parchi sono leggi visibili, raccolte nelle culture stratificate del territorio. I parchi sono allora anche un fatto di cultura, che ritroviamo nel senso di chi abita un luogo, tradotto in paesaggio, e dove insieme alle dinamiche dell'abitare si muovono vita ed economia. Abbiamo bisogno di rinnovare allora il nostro modo di parlare di aree protette e di natura, con nuove visioni e un nuovo modo per comunicarle.

Per La Venaria, “Parcheggi Reali” o “Parcheggi Commerciali”?

 

Esiste una terza via tra i prati d’oggi e gli stalli di autobloccanti per le auto dei visitatori della “Machina Venariense”.

Lo scorso 19 gennaio nella ridente, ma in questa occasione ultranebbiosa Venaria, alle porte di Torino, una associazione locale denominata “Centofiori”, ha proposto una serata di dibattito intorno ad un progetto di cui sono uscite alcune anticipazioni sui giornali locali e nella quale sono stati proiettati stralci della stessa idea progettuale, su autorizzazione del Consorzio di gestione della Reggia di Venaria, proprietario del progetto.  Una serata mossa sull’onda del fatto che, più che una idea progettaule, si tratta di un’opera che presto sarà oggetto di valutazione autorizzativa e quindi di probabile realizzazione. Ora, vi sarà occasione di tornare sulla questione quando i progetti saranno pubblicati e la procedura avviata…. ma in questa fase è utile mettere l’accento su uno degli aspetti, una delle facce del problema: ovvero, per ora, sulla questione della qualità del progetto e sulla qualità della sua comunicazione (le altre non sono da meno, come la questione idrogeologica e del nostro modo di gestire la questione fiumi e come la questione dei progetti di 13 anni fa non più ripresi….).

La questione della qualità è importante, anche perchè sul resto basta vedere come a Versailles si presenti il parterre dell’ingresso alla famosa reggia, visibile nella foto di apertura…….

La polemica, infatti, si sta muovendo sulle questioni dell’utilità del sistema di parcheggi posti in un sito che interferisce direttamente con la Reggia e il suo contesto paesistico locale, che avrebbe certamente detrimento di visuale dalla presenza di uno schieramento di auto così incombente. Anche perchè il contesto locale è uno spazio intriso di elementi ambientali in senso lato e completo, ovvero composti sia di aspetti di qualità storica e paesaggistica che di aspetti naturalistici, con tutto il corredo di piani e sistemi di controllo e gestione connessi: per fare un esempio Piano di gestione Sito Unesco, Piano di Assetto Idrogeologico, Piano d’Area, Piano di gestione del SIC. E’ pur anche vero che in questo sito non ci si debba giungere solo in auto, ma anche con i mezzi pubblici.

Ma da questo versante vorrei spostare l’attenzione per, appunto, concentrarci su un altro aspetto, quello della qualità progettuale, per discutere di merito e non solo di questioni culturali generali sulla sostenibilità ambientale, di cui abbiamo bisogno, ma accanto alle quali abbiamo anche bisogno di soluzioni per la gestione di un sito culturale come quello di Venaria. Troppo spesso i progetti non sono adeguatamente commentati nel loro merito e la polemica si concentra sul perchè, piuttosto che andare sul come. Proviamoci in queste poche righe con uno spunto di riflessione.

Detto ciò, parrebbe necessario che:

  1. per comunicare e presentare adeguatamente un progetto di questa natura nella sua presentazione, in quanto parte integrante del contesto del progetto stesso, siano indicate le azioni che gli attori pubblici prevedono per il sistema dell’accessibilità pubblica (compreso in quali tempi ed a quali condizioni vengano attuate), e quali siano le azioni per la costruzione di un sistema di filtro di parcheggi che non siano esclusivamente posti a ridosso della stessa Reggia, ma anche in un intorno ampio e connesso con sistemi alternativi di mobilità (navette).
  2. per proporre l’intervento in se, dare dimostrazione di saper dialogare con il contesto prima richiamato e con principi di progettazione coerenti con esso.

Proviamo a dare qualche esempio di risultato delle ricadute di questi due ragionamenti, per dare qualche spunto sull’ipotesi di tendere ad una adeguata, appunto, qualità.

Primo: evitare di coprire interamente ogni centimetro quadro degli spazi aperti latistanti il versante orientale della Reggia in questione di parcheggi. Questo primo risultato dovrebbe essere ovvio, non solo per evitare di dare l’idea che sui restanti fronti nulla vi sia forse intenzione di fare, ma anche per saper dare risposta ad un approccio progettuale “a sfumare” in merito alla dotazione di punti di attestamento veicolare. Vi è anche una ragione più di contenuto, ovvero di rispetto degli insediamenti locali: ad esempio come si può prevedere che un triangolo aperto, con una visuale di peso storico, come quella dalla Ceronda verso la Reggia (il parcheggio cd. A) possa essere addensato di auto come un qualsiasi progetto di un centro commerciale stile Corso Romania. Significa non aver rispetto di una sia pur minima accortezza nel progettare. Pensare che la Regione Piemonte ha anche dato corposi strumenti di pensiero di questo senso, come i recenti “Indirizzi per la qualità paesaggistica degli insediamenti” che proprio a pag. 24 e 25 del capitolo sui “Requisiti di base dell’insediamento che contribuisce alla qualificazione del paesaggio” fornisce alcuni interessanti spunti.

Secondo: accompagnare l’opera con alcuni seri interventi di ricucitura e compensazione ambientale.Questo luogo è infatti in un contesto protetto, riconosciuto dall’Unione Europea come un Sito di Interesse Comunitario, e quindi contenente aspetti di connettività ecologica sui quali fare dei conti. Di questi elementi una spianata ricoperta di parcheggi non pare dare risposta adeguata.

Ma ecco che appare il nuovo decalogo del progettista “sostenibile”. Infatti queste semplici affermazioni riportate nei due punti precedenti, non crediate, si possono comodamente accantonare perchè il progettista che fa? Sfodera il set della malinterpretata progettazione ambientale che generalmente si compone dei seguenti elementi:

  1. essere a impatto CO2 zero.
  2. porre a dimora alcuni filari di alberi.
  3. collocare pavimentazioni forate per l’erba.
  4. arredare con abbellimenti diversi.
  5. proporre formule percettive “originali”.
  6. etc…..

confondendo questi approcci, che sono elementi accessori ad un progetto “ambientalmente coerente”, come elementi fondanti della “sostenibilità” del progetto stesso. In questo caso ad ampie mani si è ricorso ai punti 2 e 3 del kit da quanto è stato dato di vedere.

Per esempio ed invece:

Dove sono le opere per collegarsi al corridoio ecologico del coincidente corso d’acqua del Ceronda?

Dove sono le compensazioni per il suolo a prato stabile sottratto?

Dove sono le scelte per garantire parcheggi e nel contempo consentire le viste percettive che questo luogo merita?

Dove è disegnata, più in generale, una soluzione per un Parcheggio Reale e non un Parcheggio Commerciale.

Aspettiamo risposte, che per questo luogo così importante la presentazione complessiva del progetto certo sarà capace di fornire, lasciando per una volta il classico kit dimenticato, per fortuna,  in studio…….

Pubblicato il da Ippolito Ostellino | Lascia un commento

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