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Occorre ricordare la storia naturale della nostra specie, legata a questo pianeta, dove le leggi della natura governano il nostro futuro. Nei parchi sono leggi visibili, raccolte nelle culture stratificate del territorio. I parchi sono allora anche un fatto di cultura, che ritroviamo nel senso di chi abita un luogo, tradotto in paesaggio, e dove insieme alle dinamiche dell'abitare si muovono vita ed economia. Abbiamo bisogno di rinnovare allora il nostro modo di parlare di aree protette e di natura, con nuove visioni e un nuovo modo per comunicarle.

Alberi che cadono alla Mandria: idee per tenerne una buona parte in piedi e suggerire la fruizione consapevole.

 

Alberi che cadono alla Mandria e idee per tenerne una buona parte in piedi.

Dispiace proprio vedere e leggere questi continui rapporti della stampa sulla vicenda degli alberi del Parco Regionale La Mandria. Come dispiace vedere come un parco nato nel 1978 invece di essere oggi un esempio per gli altri di come si coniuga sicurezza e biodiversità, diventa un territorio di sole polemiche.

Dispiace perchè in queste partite intorno a come devono funzionare i parchi viene fuori che, in realtà, alla fine non si tratta di soldi, ma si tratta di modelli di gestione.

Se è vero che la pubblica amministrazione deve fare la sua parte, è anche vero che tutti dobbiamo dotarci di due strumenti:

  1. saper fare economia/economie intorno e con i parchi.
  2. costruire criteri di gestione seri e condivisi.

E’ come dice Renzo Moschini dal suo blog, dove la questione non è tanto scandalizzarsi della mancanza di fondi, ma della mancanza di un riconoscimento pieno del ruolo che queste istituzioni hanno saputo svolgere sul territorio, testimoniando una capacità che, se non tutte hanno dimostrato, resta da fare solo una cosa da parte di queste: tirarsi su le maniche.

Perchè tirarsi su le maniche è utile e da profitti.

Un caso è quello dell’importante lavoro messo insieme dai tecnici dei parchi con tante altre realtà professionali o della pubblica amministrazione e che è sfociato nell’importante convegno del 2 dicembre scorso dal titolo Workshop di presentazione – Procedure per la gestione del rischio di caduta alberi nelle aree verdi estensive, i cui risultati presto saranno pubblicati.

In quel workshop, come ho precisato aprendo il convegno, si sono riunite persone che non sono partite dal lamento della mancanza di fondi, ma si sono proposte con una strategia per affrontare il confronto fra evitare danni alle persone ed evitare di ranzare tutto al suolo per essere sicuri, oppure chiudere tutto al pubblico per esserlo altrettanto.

Se da questi criteri emergono poi le necessarie e utili risorse finanziarie, queste devono a loro volta essere impostate, magari scegliendo fra fare nuove opere che non potremo gestire e investire sulla manutenzione di quelle già fatte, per scegliere la seconda strada piuttosto che la prima. Certo, magari perchè gestendo meglio quelle già fatte si potrà anche avere qualche introito. Il risultato è stato un documento di grande interesse tecnico, come hanno dimostrato gli oltre 200 presenti nella stracolma sala della Porivncia di Torino, e che ha proposto dei criteri, che sino ad oggi nessuno aveva mai proposto.

Questo vuol dire tirarsi su le maniche. E allora perchè non applicarlo subito anche alla Mandria per decidere quali sono le aree dove il rischio è calcolato e dove quindi la pericolosità consiglia di tagliare, mentre altrove la scarsa pericolosità permette di lasciare in piedi gli alberi con la loro carica di ossigeno, ombra e bellezza?

Perchè garantire la sicurezza totale non è possibile e non è il nostro compito, che deve essere invece quello soprattutto di far capire ai cittadini che la natura ha il suo grado di rischio, e che solo una “fruizione consapevole”, accompagnata dalla sana gestione, è l’antidoto contro le tragedie.

E’ sintomatico infatti come nel depliant di quel parco americano distribuito ai turisti in una area popolata dall’Orso, lo stesso depliant reciti fra il resto, nel caso lo si incontri: di evitare di dare le spalle all’orso, di togliersi la giacca e buttarla da un lato per distoglierli l’olfatto, di salire su un albero, ma almeno a 3 metri di altezza, di ………. ricordarsi una preghiera, altro utile antidoto.

La natura non è pericolosa, lo siamo noi se non sappiamo stare vicino a lei.

Pubblicato il da Ippolito Ostellino | Lascia un commento

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