La mia haka
Muca, guca! Provate a ripetervelo, nel vostro tono più feroce: non sembra l’inizio di una bella haka?
E forse era proprio di quella che avevo bisogno, per scuotermi di dosso tutte le rate e scadenze, DURC e certificati che mi si accumulavano intorno, col crescere degli impegni di lavoro e degli anni, che si avvicinavano sempre più velocemente al giro di boa.
E invece, quando ho ritrovato Giovanni ad una festa di paese di fine estate, scoprendolo espertissimo istruttore sub, gli ho chiesto subito maggiori lumi: in cantina avevo almeno tre paia di vecchie pinne, e sfruttare l’esperienza accumulata da un amico mi era parso un ben misero prezzo per imparare a far le bollicine!
Poi, al corso Open Water, ho scoperto anche quante cose servono in una immersione, e che basta dimenticarne solo una per restare a bocca asciutta: muta, calzari, guanti, cappuccio, maschera, pinne, snorkel, piombi, erogatori, giubbotto ad assetto variabile, computer da immersione… e mi limito solo alla lista di cose da indossare!
Ma che gusto c’è a girare per parchi di mare e aree marine protette, senza lasciarsi mai l’odor della terra alle spalle? Ora mi godo ogni tuffo per 45/50 minuti e, quando riemergo, l’improvviso aumento di peso dell’attrezzatura indossata segna il distacco dal mondo, leggerissimo e rilassato, che sino a pochi secondi prima avvolgeva la mia escursione nel blu, in volo tra fondali e pareti, grotte e relitti, polpi e coralli.
E quindi ho deciso: per non perdermi nulla di quello che per me è diventato il lato più divertente delle aree marine protette italiane, ogni volta che mi preparo a partire per lidi vecchi e nuovi canto la “mia” haka: Muca, guca! Mapi, snopi! Er, Ga, Comp!
Così, visto che la boa dei 50 anni l’ho già superata, uso l’antidoto per non lasciare a casa nulla della lista di cose da indossare… 🙂