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I parchi sono una speranza di futuro. Ogni giorno consumiamo territorio e ambienti naturali. Distruggiamo habitat che danno vita a specie che ancora neanche conosciamo.
La cultura, l'arte, la musica, la natura sono l'anima stessa dell'Umanità, senza resteremmo solo merce. E nel mare in tempesta il cuore di chi ha speranza in un domani migliore deve essere saldo.
Qui proviamo a parlare delle migliori idee, delle buone pratiche, dei problemi, dei guai, della vita della gente, della natura e dei parchi.

Sul presente e sul futuro dei parchi italiani

La situazione dei nostri parchi, nazionali e regionali, resta sempre appesa ad un filo: quello della sostanziale assenza della politica.
Un 2010 vissuto pericolosamente perché la legge “finanziaria estiva” prevedeva il taglio del 50% dei trasferimenti finanziari ai parchi nazionali.
Un 2011 che inizia con diverse Regioni che stringono moltissimo sull’autonomia e sui trasferimenti ai parchi regionali: Sicilia, Piemonte, Lombardia e Veneto tra i primi, ma pare che la compagnia sia destinata ad aumentare.
Anche la Puglia ha fatto parlare di se per l’approvazione di una modifica alle norme del parco regionale delle Gravine joniche (tanto atteso e non ancora decollato) che ne consentiva la caccia. Ma tanta fu l’attenzione della gente e dei media che la Puglia intera se ne vergogno’ e la scellerata norma fu abrogata.
Il tutto mentre si spera sempre nel grande equilibrio del presidente Napolitano cui e’ affidata l’ultima parola sullo smembramento del parco nazionale dello Stelvio.
Intanto hanno fatto ridurre le piante organiche degli enti parco nazionali, sono entrate in vigore una serie di norme astruse che non consentono di dare incarichi esterni o che rendono difficile lavorare il sabato e la domenica. Magari sono solo norme pensate per altri ma che, immancabilmente, finiscono per colpire quegli enti pubblici non economici cui e’ affidato il destino stesso della natura del Belpaese. Allora non si capisce se la politica semplicemente non sa cosa facciano i parchi o e’ troppo distratta per concedere quel minimo di attenzione in più che necessitano a natura e cultura per ben operare per il futuro di noi tutti e di quelli che ancora non sono nati.
Perché il problema e’ proprio nell’attenzione della politica. In questi mesi ricorre il ventennale della legge quadro sulle aree naturali protette, l’ottima 394/91 che tanti risultati ha prodotto per la tutela della natura, del paesaggio, della biodiversità e che tanti risultati ha consegnato in termini di buone pratiche per una economia e una governance locali più sostenibili.
Ebbene quando la legge fu approvata votarono tutti a favore, con la sola astensione dell’Union Valdotaine. Sembra fantascienza! Oggi queste maggioranze trasversali sembrano essere un mitico racconto dei bei tempi che furono.
Eppure vi e’ chi crede in un Paese migliore, dove l’interesse generale venga prima di quello dei singoli. E un Paese giardino, un Paese museo come il nostro cosa altro dovrebbe fare se non tutelare i suoi beni culturali ed ambientali?
Su questi temi si e’ concentrata l’attenzione di Unione per i Parchi e la Natura d’Italia, federazione delle associazioni professionali del mondo dei parchi ( AIDAP – direttori e funzionari, AIGAP – guardiaparco, AIGAE – guide ambientali, 394 – dipendenti aree protette e Istituto Pangea per la formazione e l’ambiente) che hanno promosso un pubblico appello al Presidente della Repubblica e alle altre massime cariche del Paese (www.unioneparchi.it).
L’appello, sottoscritto, da circa 700 persone, chiede attenzione per il mondo dei parchi, concentrandosi su due gravi carenze istituzionali: la mancanza di una scuola e di una agenzia nazionale per le aree naturali protette.
Sono questi i mali principali di un sistema che tale non e’.
La forza delle nostre aree protette, infatti, e’ la sua stessa debolezza: tante isole in un mare di indifferenza che non riescono neanche a farsi arcipelago.
Ogni direttore e funzionario, così come ogni presidente e consigliere, ripartono ogni volta da zero. Nessuno che gli dica cosa fare per ottenere un risultato, nessuno che davvero verifichi l’efficacia delle politiche di conservazione della natura e della biodiversità.
Se questa e’ una forza in quanto la creatività sono una delle migliori doti italiane, rimane una debolezza quando non si esportano e non si studiano i migliori risultati qua e la conseguiti faticosamente.
Davvero credo che sia venuto il momento di alzare il velo su questi aspetti di inefficienza e di mancanza di modernità, perché non bisogna far l’errore di essere conservatori ed arroccarsi in difesa.
L’indifferenza della politica si combatte con il coinvolgimento della gente. Difendiamo i parchi e il futuro anche con il coraggio di cambiare le istituzioni che governano le nostre aree protette, sia a livello locale sia a livello nazionale, costruendo la nuova governance delle aree protette federali.

Questo post e’ il primo di una rubrica, dal titolo Parchi di una sola Terra, come il mio libro, pubblicata da www.gaianews.it
Nino Martino

Pubblicato il da Nino Martino | 2 commenti

2 risposte a Sul presente e sul futuro dei parchi italiani

  1. fabio saporetti scrive:

    Buongiorno,
    come membro del Gruppo Insubrico di Ornitologia-Onlus, interessato a ricerca e conservazione ambientale, seguo con
    profonda preoccupazione quello che definisco “l’involuzone”
    della protezione della natura e della politica ambientale in Italia. L’aggressione al sistema naturale è sempre maggiore,
    il degrado avanza e, anzichè andare verso una maggiore salvaguardia, grazie anche alle norme europee, andiamo nella direzione opposta. Oltre ai parchi, SIC e ZPS sono spesso solo entità cartacee, spesso sconosciute ai cittadini che vi abitano.
    Vedo, purtroppo, un orizzonte molto grigio, nell’indifferenza quasi generale, come se la salvaguardia del territorio, e quindi anche il nostro benessere, fosse un concetto astratto.

    • Nino Martino scrive:

      Comprendo la preoccupazione. Credo che l’unica soluzione sia la testimonianza individuale. Non rassegnarsi all’assordante silenzio di media e tornare a parlare con gli altri.

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