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I parchi sono una speranza di futuro. Ogni giorno consumiamo territorio e ambienti naturali. Distruggiamo habitat che danno vita a specie che ancora neanche conosciamo.
La cultura, l'arte, la musica, la natura sono l'anima stessa dell'Umanità, senza resteremmo solo merce. E nel mare in tempesta il cuore di chi ha speranza in un domani migliore deve essere saldo.
Qui proviamo a parlare delle migliori idee, delle buone pratiche, dei problemi, dei guai, della vita della gente, della natura e dei parchi.

Sul presente minaccioso e il futuro nebuloso

In questi giorni l’AIDAP, l’associazione che organizza i direttori ed i funzionari delle aree protette, ha organizzato in Abruzzo un seminario sulla raccolta fondi, da privati e da aziende.

Nella splendida cornice della riserva naturale del Lago di Penne, alle pendici del parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, si è discusso di come coinvolgere le aziende ed i privati nella gestione stessa dei parchi.

Nel mondo anglosassone, infatti, gli sponsor privati intervengono spesso nel finanziare attiviità e progetti dei parchi.

Anche da noi, soprattutto quale reazione ai forti tagli che natura e cultura hanno dovuto subire nei budget delle amministrazioni pubbliche, si guarda con interesse a queste esperienze.

AIDAP, grazie al coinvolgimento di un grande esperto quale Maurilio Cipparone, ha chiesto aiuto a John Debo già direttore del parco del fiume Cuyahoga in OHIO – USA.

Il direttore Debo, infatti, è andato in pensione ed ha fondato una associazione di “amici del parco” che si occupa proprio di organizzare il volontariato e di raccogliere fondi per il parco.

Potranno mai questi strumenti essere utili anche per la gestione delle nostre aree protette?

In teoria si, perché le nostre aree protette, soprattutto i nostri parchi nazionali e i più moderni e contemporanei parchi americani hanno le stesse finalità e gli stessi problemi. Non è affatto vero, infatti, che i parchi USA sono solo su proprietà pubbliche e senza genti che vi vivano dentro. Questo è vero solo per i grandi parchi “storici” del mitico west. Mentre oggi anche negli USA i parchi si fanno anche in aree densamente abitate e su proprietà sia pubbliche sia private.

Basti pensare che a San Francisco, proprio sotto il famosissimo “Golden Gate”, hanno istituito con successo un bel parco urbano, ristrutturando una vecchia base militare, quasi solo con fondi privati. Ma in Italia, si potrà mai?

Io penso di sì ma occorrono due “piccole” modifiche.

Ma prima vi racconto una storia.

Quando sono stato l’ultima volta in California, abbiamo visitato le aree protette della costa. Un giorno ventoso e freddo, ci fermiamo ad osservare i leoni marini. Pochi tra noi, anche i più ambientalisti o animalisti, possono considerarlo “bello” o “gentile”. Non è proprio un animale totem, facile da amare. Eppure incontrammo due distinte signore di mezza età, intabarrate nelle loro giacche a vento, con il logo dei volontari del National Park Service. Dopo qualche chiacchiera e aver ascoltato le loro cortesi ma ferme istruzioni per osservare la natura senza arrecare disturbo, scopriamo che si trattava della presidente della corte di giustizia dello Stato della California e del capo ufficio tecnico della città di San Francisco… che dire? In Italia non mi è mai capitato.

Ecco, le due piccole modifiche son queste: perché ci sia meno Stato ci vuole uno Stato più moderno!

Se noi attivassimo un serio programma di volontariato nazionale, con tanto di assicurazioni e organizzazione generale, credo che non faremmo fatica a trovare coloro che ci aiutano.

Se noi facessimo dedurre dalle tasse i contributi e le donazioni per i parchi, come fanno in USA, credo che molti di noi sarebbero ben felici di destinare le loro tasse a finalità certe e definite, magari anche condivise!

Credo che sarebbe una rivoluzione che avvicinerebbe al cuore della gente la conservazione della natura.

Perché non lo fanno? Forse proprio per questo…

Pubblicato il da Nino Martino | Lascia un commento

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