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I parchi sono una speranza di futuro. Ogni giorno consumiamo territorio e ambienti naturali. Distruggiamo habitat che danno vita a specie che ancora neanche conosciamo.
La cultura, l'arte, la musica, la natura sono l'anima stessa dell'Umanità, senza resteremmo solo merce. E nel mare in tempesta il cuore di chi ha speranza in un domani migliore deve essere saldo.
Qui proviamo a parlare delle migliori idee, delle buone pratiche, dei problemi, dei guai, della vita della gente, della natura e dei parchi.

Non c’è futuro per i parchi senza formazione

Questi giorni convulsi per la politica italiana corrono il rischio di far passare troppo sotto silenzio le proposte di modifica della legge sulle aree naturali protette, la 394/91 di cui il 6 dicembre prossimo ricorre il ventennale.

Coloro che da sempre la hanno osteggiata, usano strumentalmente proprio questa scadenza per dire che “è vecchia”. Come se l’età o il luogo di nascita o il colore della pelle di per sé potessero essere un giudizio ammissibile. Francamente ritengo che le persone, e mutatis mutandis, anche le leggi vadano giudicate per i loro contenuti e soprattutto per i loro risultati.

Allora diciamo subito che la 394/91 è una delle migliori leggi italiane in materia di ambiente. Scritta ed approvata dopo un lungo e faticoso iter parlamentare, durato ben più di una legislatura. Già questo dovrebbe indurre i nostri parlamentari ad una maggiore accortezza nel tentativo di “ammodernarla”. Serve sicuramente un grande coinvolgimento delle associazioni culturali ed ambientaliste, del mondo accademico e scientifico, delle associazioni del mondo economico, di quella “gente dei parchi” che in questi venti anni ha lavorato, dentro e fuori le istituzioni, affinché il sogno di consegnare ai nostri figli un mondo migliore si potesse, almeno un pochino, avverare.

Allora se in alcune parti la legge 394 potrà essere ammodernata con facilità, non deve mancare la consapevolezza che alcune modifiche potrebbero avere effetti molto deleteri sulla capacità di conservazione della natura, del paesaggio, della biodiversità che sin qui è stata conseguita e maturata.

E queste sono capacità che risiedono nelle persone, nella loro cultura, nella loro partecipazione, nel loro coinvolgimento nella “mission” istituzionale. Non si fa conservazione della natura se qualcuno non ha “piacere” di alzarsi prima dell’alba o di andare a letto molto dopo il tramonto, solo per “lavorare”! Ci sono impegni lavorativi che non hanno prezzo e infatti non vengono pagati. Ma senza la motivazione ed il coinvolgimento i parchi sono destinati a morire. Appare intuibile, infatti, che le politiche di sottrazione di competenze e di fondi ai parchi stanno minando alla base stessa la capacità di incidere di queste piccole strutture, spesso oberate da tantissimi impegni burocratici ed amministrativi, da praticamente non avere tempo per quello che è il loro stesso fine istituzionale…conservare piante e fiori, animali e paesaggi, aria ed acque pulite.

Il tutto condito da una cronica incapacità di capire che senza formazione ed aggiornamento qualunque struttura perde efficienza e quindi efficacia.

Se questo è un disegno politico è molto lucido. Se è casuale è un segno ulteriore del decadimento apparentemente inarrestabile di quello che fu il Belpaese.

Allora chiediamo ai parlamentari impegnati nella revisione della 394/91 che rammentino che il problema principale di uno Stato che si rispetti è quello di dare consapevolezza, strumenti, capacità, a chi giura di servirlo.

Vi pare possibile che noi si prenda un giovane e gli si metta una divisa e si dica…vai difendici! No nessuno sano di mente lo farebbe mai. Ma nel mondo dei parchi è quello che accade. I dipendenti ed i direttori accedono al loro lavoro, temporaneo o definitivo, senza alcuna specifica formazione. In Italia non c’è, infatti, alcuna “scuola per i parchi”. Solo pochi master universitari provano a rimediare a questo vuoto formativo.

Crediamo che tra le tante, e a volte “fantasiose”, proposte di modifica della legge quadro sulle aree naturali protette, la n. 394/91, questa è una che meriti davvero di essere presa in considerazione: istituire una scuola per i parchi, che formi ed aggiorni il personale tecnico ed amministrativo che opera nelle aree naturali protette. Una scuola che istituzionalizzi e renda “obbligatorio” lo scambio di esperienze e di buone pratiche. Una scuola che, magari, un giorno potrà aiutare anche gli amministratori delle aree protette, che spesso arrivano ai parchi per “logiche” esclusivamente politiche, senza alcuna formazione specifica, a comprendere meglio il valore inestimabile di un endemismo o di un paesaggio, un valore imprescindibile anche per quelle persone che, al bar, premono per chiudere i parchi o trasformarli in strutture vuote o burocratiche.

Pubblicato il da Nino Martino | Lascia un commento

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