E’ arrivata la primavera?
Il caldo è davvero tanto, la siccità si impone con la sua drammatica evidenza.
Forse anche gli esegeti dello sviluppo senza fine e del negare l’evidenza avranno qualche dubbio?
Il mondo sta cambiando o è già, irrimediabilmente cambiato?
I produttività ad oltranza, o semplicemente coloro che stanno a libro paga, hanno sempre negato l’evidenza: l’Uomo ha stravolto alcune regole fondamentali della vita stessa su questo bellissimo e martoriato pianeta.
Allora ha poca importanza se i cambiamenti climatici sono solo effetto dell’inquinamento o una sinergia tra questo e i normali cicli di oscillazione del clima terrestre.
Fatto sta che qui non si capisce più nulla.
Un inverno senza neve al nord. Un inverno con tempeste sub-tropicali sul mare e al sud.
Una primavera arsa…
Occorrerebbe tornare a leggere un po’.
Magari riandare a quelle intense pagine de “I limiti dello sviluppo”, pubblicato nell’ormai lontano 1972. Un lavoro prodotto da un nutrito gruppo di ricercatori del MIT di Boston, su provocazione di un uomo interessante e poco conosciuto, il manager di Fiat ed Olivetti, Aurelio Peccei.
In quello studio le curve dello sviluppo mondiale segnavano una crisi dopo il Duemila.
Chissà perché non si è dato ascolto a questi ricercatori che studiavano il modo per trovare una nuova strada per l’economia mondiale.
Una strada che sancisca un “limite alla crescita”, in quanto lo sviluppo senza fine non può davvero esistere in un mondo che rispetti la natura e l’uomo, il territorio ed i diritti.
Un mondo che sappia conservare i territori migliori, che destini ai parchi ingenti risorse strategiche, per il futuro, per coloro che ancora non sono nati.
Del resto questo è l’impegno assunto anche dall’Italia, con la sottoscrizione della Convenzione mondiale per la Biodiversità.
Ma qui appare tutta la schizofrenia della politica.
Mentre si assumono nuovi e stringenti impegni internazionali, il Paese manda a rotoli il suo patrimonio ambientale e culturale. Riduce le risorse umane e finanziarie a favore della conservazione della natura e dello sviluppo sostenibile.
Senza soluzioni di continuità tra governi politici e governi tecnici, sembra senza una “politica per le aree protette”.