Cosa si aspettano oggi i parchi
Al penultimo Congresso di Federparchi a Roma partecipai e intervenni in rappresentanza della Legautonomie manifestando serie preoccupazioni sui segnali allarmanti che già si avvertivano di un cambiamento assai brusco per il destino dei nostri parchi. In particolare segnalai la proposta dell’ UPI di sciogliere i parchi regionali per passarne le funzioni alle province. Sortita tanto più sorprendente perché proveniente da una associazione istituzionale che aveva sostenuto con forza la legge 394 e l’inserimento proprio dei parchi regionali che fino all’ultimo erano stati esclusi dal testo.
Poco dopo seguì una analoga richiesta del Ministro Calderoli a cui seguirono le irresponsabili sortite del ministro Prestigiacomo sui parchi fonte di ‘spreco’ e di ‘poltronismo’. Recentemente ad Alberese è stata ricordata la figura di Giuseppe Nardini presidente del Parco delle Apuane di cui ricordo l’intervento a Firenze nell’incontro nazionale del Gruppo di San Rossore in cui sdegnato accusò il ministro di denigrazione offensiva dei parchi chiedendoci con vigore di farci sentire con forza a Roma. Erano tutti inconfondibili segnali di una svolta nel senso che per la prima volta a 20 anni dalla legge si metteva in discussione il destino stesso e il ruolo dei nostri parchi e non solo di quelli regionali.
Va detto e ripetuto senza indulgenze che quei rischi sono stati sottovalutati non solo dal mondo dei parchi ma delle istituzioni nel loro complesso incluse le regioni e gli enti locali. E continuano ad essere sottovalutati tanto che si è accettata senza colpo ferire l’idea che tutto ciò dipendesse ormai se non unicamente principalmente dall’invecchiamento della legge bisognosa ormai di qualche ritocco, di un qualche tagliando di manutenzione. Che si fosse rifiutata dal ministero senza neppure prendersi la briga di qualche decente giustificazione la convocazione della Terza Conferenza nazionale dei parchi per fare urgentemente tutti insieme il punto della situazione e mettere fine alle più strampalate sortite a partire da quelle sulla ‘privatizzazione’ dei parchi non suscitò allora e neppure dopo reazioni e risposte adeguate e chiare a conferma dello stato di crisi politico –istituzionale e culturale che investe non soltanto il comparto dei parchi e delle aree protette ma del complesso delle politiche del governo del territorio dal suolo al paesaggio. Si è così presa per buona la balla –perché di questo si tratta-che era la legge a legarci le mani specialmente per quanto riguarda le aree protette marine ridotte ormai al lumicino. Peccato che anche il nuovo ministro Clini sebbene sollecitato e rimediare non sembra avere alcuna intenzione di mettere mano, ad esempio, a quella Conferenza nazionale che taluno gli ha sollecitato.
Qui prima di passare però alle proposte che ne sarebbero seguite al Senato bisogna sia pure molto sommariamente ricordare almeno tre passaggi che non risultano del tutto chiari neppure nell’ampio documento congressuale di Federparchi. Il primo risale alla gestione Ronchi quando il ministro dopo aver dichiarato che i ‘veri’ parchi dopo la 394 erano quelli nazionali, tagliò fuori dalla gestione dell’area protetta marina di Portofino il parco istituito nel 1935 ma nel frattempo regionalizzato inaugurando così una politica di discriminazione che la Corte dei Conti avrebbe tempo dopo dichiarato in contrasto con la legge 394 e anche con la legge 426 ma che fu puntualmente ignorata. Anche per questo Federparchi d’intesa con la regione Marche istituì al Parco del Conero un Centro studi –Coste Italiane Protette (CIP) sulla base del quale che io presentai alla Conferenza dei Parchi di Torino una proposta fu accolta inserendo CIP negli impegni del Ministero unitamente a APE, Alpi, piccole isole etc. Purtroppo a questo significativo ancorchè tardivo riconoscimento concretamente non ci fu alcun seguito e le AMP continuarono a vivacchiare senza disporre neppure di una anagrafe. Un terzo passaggio l’avemmo con la Commissione dei 24 presieduta da Matteoli incaricata di rivedere la legge 183 e anche della 394. Ma sui parchi la commissione non si pronunciò e quando furono richieste spiegazioni il sottosegretario Tortoli dichiarò che non si era ritenuta la legge 394 bisognosa di modifiche. Insomma andava bene. Gli andò meno bene con il nuovo Codice dei beni culturali che sottrassero ai piani dei parchi il paesaggio. Nel frattempo il ministero dell’ambiente aveva perso una serie di ‘pezzi’ fondamentali per poter costruire e gestire quel sistema nazionale di parchi e aree protette cioè senza discriminazione e separatezze; il Comitato Stato-Regioni, la Programmazione nazionale etc tanto che aveva smesso persino di predisporre la Relazione annuale sullo stato dell’ambiente da presentare al Parlamento.tPer questo il decreto Bassanini prevedeva e richiedeva che il ministero provvedesse rapidamente a dotarsi di nuovi sedi e strumenti idonei alla bisogna. Ma tanto per cambiare il ministero fece orecchie da mercante e se ne infischiò rimanendo privo di un sistema di regia degno di questo nome.
Mi presi a Camogli addirittura un applauso quando dissi a Cosentino che il ministero era ormai come la la Tenda di Nobile al Polo che non riceveva e non trasmetteva. Nel ventennale come ho avuto modo di annotare criticamente più volte le ‘celebrazioni’ in troppi casi hanno evitato di addentrarsi in questa riflessione critica preferendo attestarsi sull’auspicio di una ‘manutenzione mite’’ della legge che non ne alteri le finalità fondamentali.
Ma è proprio qui che si registrarono subito specialmente nel testo originario preparato in fretta e furia e con una consultazione che non ha riguardato né le regioni né gli enti locali. Non escludo neppure io come qualcuno ha detto che ciò è dipeso anche da loro che hanno lasciato fare. Il che non cambia tuttavia la sostanza e cioè che quel testo poi rimaneggiato non reca alcun segno e impronta regionale e degli enti locali. Il che non è mai accaduto come posso testimoniare per essermene occupato sia in Commissione Affari Costituzionali che nella Bicamerale per le questioni regionali, per nessuna legge importante sull’ambiente dal suolo, al mare, ai parchi e così via.
La questione perciò a questo punto non è più la controversia se la legge può essere a no ritoccata ma in cosa e con chi. Il chi dipende naturalmente anche dal come perché i testi del Senato –uso il plurale perché si è passati da un testo riservato esclusivamente alle aree protette marine ad un testo con ambizioni maggiori- senza una relazione e tanto meno uno studio e una documentazione di accompagnamento degni di questo nome che nelle sedi parlamentari risultano da decenni consuetudine e obbligo. Detto questo e visto che finora nonostante le polemiche sui testi emendamenti inclusi si è regolarmente non risposto alla questione principale e cioè l’estromissione delle regioni da qualsiasi competenza sul mare anche in quei ‘brevi
tratti prospicenti’ il loro territorio è da lì che bisogna finalmente partire. Non si può continuare a fare i furbi come se quella norma non ci fosse. Insomma visto che più d’uno i parchi regionali vuole liquidarli e comunque azzopparli e retrocederli in serie B dobbiamo sapere se e perché quelli marini vanno appunto sfrattati magari perché qualcuno abusivamente se ne appropri. Sono allucinazioni, traveggole? Lo si dimostri. Io finora anche ad Alberese e nel documento di Federparchi non ho sentito o trovato al riguardo assicurazioni o smentite di sorta. Chi mette mano ad una legge come la 394 non può farlo come i furbetti del quartiere gestivano la finanza.
Gli effetti della mancata attuazione del Decreto Bassanini sono sotto gli occhi di tutti sia in riferimento ai parchi e alle riserve nazionali e ancor più di quelle comunitarie. Se c’è un punto nodale della legge anche dopo la sottrazione del paesaggio ai piani dei parchi è questo perché solo cos’ la Tenda di Nobile potrà tornare e ricevere e trasmettere. C’è questo nel testo del Senato? Direi proprio di no. Ecco,si riparta da qui così si metterà fine anche una gravissima inadempienza che non è colpa della 394 ma di chi l’ha gestita con i piedi.
Grazie per i complimenti
Renzo Moschini