Chi tira le fila delle politiche ambientali in Toscana?
A Capalbio per iniziativa di associazioni e personalità varie coloro si riuniranno che vogliono impedire la costruzione, nella bella e antica città, di un impianto su terreno agricolo con tanto di cemento e torre (tipo ILVA per il biogas).
Furio Colombo, tra i promotori dell’incontro, ricorda che il presidente della regione e quello della provincia sono d’accordo. Intanto, sempre da quelle parti, si sta discutendo se i capanni di paglia sulla spiaggia sono compatibili con il paesaggio più o meno degli ombrelloni colorati. Decisioni di questo tipo sono sicuramente impattanti in un luogo come Capalbio ma anche a Castelfranco o a San Vincenzo; ma oggi queste decisioni chi e soprattutto come le prende in Toscana?
Rossi, dopo gli incendi che hanno mandato in fumo importanti boschi,dice che quei territori dovranno restare intatti, non più solo 10 anni, ma 50. Dopo le alluvioni in Toscana aveva ugualmente preso impegno a impedire qualsiasi costruzione sulle sponde dei fiumi, ma le leggi per farlo ci sono già, specie per quanto riguarda i bacini idrografici e anche per le aree protette.
Tant’ è vero che alcuni comitati dell’ARCI, dopo i disastrosi incendi chiedono, sulla base anche di migliaia di firme, di estendere l’area protetta costiera in Maremma.
Per il paesaggio, in base al nuovo Codice dei beni culturali, è la Regione che deve stabilire, con un suo piano regionale, il da farsi ,ma quello fatto a suo tempo -versione PIT- brillava per i buchi e anche per le sciocchezze. E’ stato rivisto? Non ripeto l’elenco fatto tante volte ma mi chiedo: quando e dove i comuni, le province con la regione e gli altri soggetti “speciali” con compiti di pianificazione del territorio hanno potuto e possono oggi definire e concordare il da farsi? A giudicare dalle polemiche senza fine, ora a Capalbio, a San Vincenzo,a Rosignano, a Castelfalfi e via litigando, non mi pare che anche la legge sulla partecipazione sia servita granchè, se proprio il presidente della Regione Motu decide mettendo nei guai sindaci e amministrazioni, come è già accaduto più volte. Altro che sussidiarietà, federalismo e titolo V finiti chissà dove. Quella che si profila sempre più è un “area vasta” di litigi e anche di rinvii di normative da tempo immemorabile annunciate e programmate, che per ora non vediamo e che non dipendono né dalle alluvioni né dagli incendi.
Perché non si comincia a discuterne pubblicamente tra Regione, comuni e province? Se l’avessimo già fatto, per alcune leggi saremmo riusciti probabilmente a far tagliare il traguardo a quelle che latitano, e avremmo evitato a qualcuna che quel traguardo l’ha tagliato di farlo con svarioni grossolani come quella sul piano energetico.