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Aree protette: una conquista di civiltà, un indice di progresso, una grande risorsa per il futuro.
Occorre ricordarlo.

Cosa manca alla discussione sui parchi

Le agende elettorali lo sappiamo o ignorano o se la cavano a buon mercato sui temi ambientali. I parchi non fanno eccezione-anzi- e non certo perché non siano e da tempo nei guai. Guai seri e non soltanto finanziari che gli legano le mani e li espongono a brutte figure da un capo all’altro del paese. Eppure non si va oltre le cronache cercando di accreditare l’idea che in fondo in questo momento le cose non vanno bene per nessun soggetto istituzionale dallo stato agli enti locali e quindi anche le aree protette devono pur pagar dazio. Tutto vero, ma per i parchi purtroppo  -nazionali o regionali che siano- c’è qualcosa di più e di peggio, e cioè che da tempo –ossia da quando peraltro la crisi non era ancora così grave- si è messa in discussione la loro presenza  al punto che  un ministro propose di abrogarli e un altro di ‘privatizzarli’, insomma di farne –se proprio non si poteva mandarli in pensione e esodarli- un’altra cosa. Oggi siamo esattamente a questo punto il che rende particolarmente grave quelle omissioni e silenzi delle  agende ma anche dei  programmi e impegni politico-istituzionali che tanti hanno rilevato e criticato. Ma non è meno grave  la confusione che si registra anche nell’impegno politico e non elettorale delle regioni e degli enti locali che risente ovviamente -ma al tempo stesso concorre-  a determinare quello stato di crisi da cui urge uscire e alla svelta.

Se in Toscana dove da anni aspettiamo una nuova legge e non riusciamo a fare il punto su quello che doveva essere e non è un sistema regionale, apprendiamo che qualcuno pensa addirittura di presentare una proposta di legge sui parchi tematici per modificare la legge quadro 394, è chiaro che c’è qualcosa che non gira nel verso giusto. Se poi riportiamo come una idea nuova quella dell’assessore ai parchi della Lombardia che ‘oggi è necessario procedere al riordino della materia e alla piena integrazione della normativa perché ‘urbanistica, paesaggio, salvaguardia idrogeologica e pianificazione territoriale sono tutte facce della stessa medaglia’, mi chiedo, ma i piani previsti ed anche attuati da molti parchi regionali anche della Lombardia non avevano questa caratteristica stabilita proprio dalla legge? E come mai dopo che il paesaggio è stato tolto ai parchi dal nuovo codice dei beni culturali nessuno – e non solo in Lombardia- ha detto nulla neppure al senato dove è stato sfornato un testo che piace tanto a Federparchi ma che ai parchi farebbe solo danno e a questo neppure accenna?

Un testo in cui è previsto che i parchi dovrebbero intascare delle royalties sull’uso di beni comuni come acqua e altro: una sorta di oneri di urbanizzazione che hanno messo nei guai gli enti locali e favorito il consumo di territorio e la sua crescente cementificazione.

Se il parco della Apuane riconosciuto da Geopark- tanto per fare un esempio molto concreto e a portata di mano- l’applicasse per le cave del marmo perderebbe qualsiasi riconoscimento internazionale perchè giustamente sul piano internazionale i parchi non sono quelli scodellati dai nostri senatori.

Dire quindi –come è stato detto anche a Gavorrano qualche giorno fa per di più a nome del Pd- che si ripartirà da quel testo, sia solo un infortunio a cui è bene perciò rimediare alla svelta.

Quello insomma che manca in questa pasticciata e improvvisata discussione sui parchi è una riflessione sul suo ruolo quale fu configurato dalla legge del 91 e che oggi aspetta non di essere penalizzato ma rilanciato per rimediare alle troppe inadempienze ministeriali per la costruzione di un sistema nazionale che deve poggiare su sistemi regionali veri e seri quali oggi non ci sono.

Il parco non deve essere meno parco ma più parco.

Pubblicato il da Renzo Moschini | Lascia un commento

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