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Aree protette: una conquista di civiltà, un indice di progresso, una grande risorsa per il futuro.
Occorre ricordarlo.

Cosa fare dopo il voto per l’ambiente

Con il voto in Italia dovrebbero cambiare molte cose anche per l’ambiente che in campagna elettorale se qualche attenzione alla fine è riuscito a ottenerla, il merito è soprattutto di associazioni, comitati, appelli di personalità impegnati a far breccia nella resistenza e indifferenza di una politica istituzionale ora chiamata a fare la sua parte. Innanzitutto ovviamente sul piano nazionale ma anche nelle regioni –non soltanto quelle appena rinnovate-che non brillano generalmente molto di più. E qui bisogna farla finita con lo scaricabarile troppo comodo degli ultimi anni. Per lo stato che penalizza le regioni e poi pretende pure di riprendersi competenze e ruoli che non gli appartengono, anziché cercare –come suo dovere- quella leale collaborazione istituzionale che era alla base del titolo V finito male. Ma anche per le regioni il crescente contenzioso con lo stato non ha recato apprezzabili vantaggi al governo del territorio risultato sempre più sbrindellato e confuso. Parlamento, governo e regioni dovranno quindi avviare una nuova stagione che dovrà innanzitutto saper mettere a frutto e avvalersi di quelle proposte  che non soltanto i promotori del referendum sull’acqua hanno presentato al parlamento ed anche in alcune Regioni ‘che possono alimentare discussioni diverse da quelle monocordi e approssimative che ci hanno afflitto negli ultimi anni’ come ha scritto Stefano Rodotà. Si tratta in sostanza di quella agenda dei cittadini di cui  ora  si deve fare tesoro.

Di  questa agenda un rilievo sempre più spiccato hanno assunto i beni comuni che richiedono il superamento del binomio pubblico-privato  ormai obsoleto in quanto essi, come è stato detto, appartengono a tutti e a nessuno. Sono beni come l’acqua, l’aria e altri di cui tutti devono e possono usufruire. Anche la loro gestione richiede perciò quindi di uscire da quel binario obbligato pubblico o privato che consenta ad altri e nuovi soggetti di entrare in gioco con un nuovo ruolo.

La prima condizione però è -senza perdere naturalmente di vista le diverse specificità –ricondurre le politiche ambientali a quelle matrici di unitarietà complessiva che è andata via via frammentandosi, penalizzando e mortificando qualsiasi tentativo serio ed efficace di pianificazione e programmazione degli interventi sul territorio che si trattasse del suolo, del paesaggio o della natura terrestre e marina.

Laddove questa unitarietà è sempre più evidente –vedi natura e paesaggio ma anche terra-mare- le cose anziché trovare nei piani di bacino come in quelli dei parchi e delle aree protette maggiore integrazione ne hanno trovata sempre meno fino -in più d’un caso- a tornare a correre di nuovo (si fa per dire) su binari distinti e separati a vantaggio di un settorialismo inefficace e spesso rischioso. Non va quindi solo recuperata quella presenza che anche in campagna elettorale è stata assolutamente inadeguata, ma va pure ricercata una unitarietà complessiva che non sempre avvertiamo neppure negli appelli e nei documenti che pure hanno avuto e hanno il merito di dare visibilità ai temi ambientali. Mi ha colpito in particolare sotto questo profilo l’appello a sostegno della bellezza –ma vale anche per altri- il silenzio sui parchi che oggi stanno boccheggiando.

E’ il punto che come Gruppo di San Rossore abbiamo posto fin dalle nostre prime battute  e che cercheremo ora più che mai di rilanciare nei confronti delle istituzioni. E la ragione è molto semplice; se in parlamento ma anche nelle regioni si riuscirà, infatti, a riavviare finalmente un confronto su proposte finite nei cassetti, si dovrà anche  rivedere provvedimenti che all’ambiente farebbero solo danni. Ci riferiamo in particolare ad aspetti non sempre  presenti anche nei documenti che hanno circolato e circolano come i parchi e le aree protette, non solo rimasti finora in ombra, ma  finiti anche in operazioni politico –legislative che devono assolutamente essere fermate.

Non meno urgente e indispensabile –specie in considerazione delle serie difficoltà che si preannunciano purtroppo sul piano nazionale dopo l’esito elettorale- è che anche le regioni rimettano mano seriamente a questi temi e non soltanto per i parchi.

Penso alla Toscana dove anche proposte di legge recenti  come quelle sul piano energetico riservano ai parchi e alle aree protette un ruolo sempre meno chiaro in un contesto regionale che resta estremamente confuso e indefinito. Costa fatica anche  a me ricordare, per l’ennesima volta, da quanto tempo si parla di una nuova legge regionale sulle aree protette ed anche di come eventualmente inserirla ora, ad esempio, in qualche modo nel nuovo piano paesistico  regionale. Fatto sta che procediamo  ancora a fari spenti. Né migliorano il quadro i riferimenti che spuntano ora qua ora là magari nelle proposte del piano energetico. Insomma non si riesce ancora a trovargli il posto giusto e intanto il tempo passa. Ora non c’è più neppure la campagna elettorale a giustificare silenzi e rinvii e persino pasticci che dovremo finalmente lasciarci alle spalle senza rimpianti.

Pubblicato il da Renzo Moschini | Lascia un commento

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