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Aree protette: una conquista di civiltà, un indice di progresso, una grande risorsa per il futuro.
Occorre ricordarlo.

La legge, il paesaggio e i parchi

Come abbiamo visto il piano paesaggistico regionale suscita polemiche e timori sugli effetti che potrebbe avere sul territorio.

Ma dopo il PIT si era deciso –vedi i ponderosi documenti predisposti- che la legge avrebbe dovuto finalmente regolare anche altri aspetti che hanno molto a che fare anche con il paesaggio, ad esempio, i parchi e le aree protette. E la ragione principale era –ed è- che la legge del 2005 della cui revisione si sta ora discutendo richiedeva soprattutto di essere rivista in relazione al ruolo dei parchi regionali ma anche di quelli provinciali e delle ANPIL ( aree naturali protette di interesse locale).

Tanto è vero si iniziò già con la Giunta Martini e l’assessore Artusa e poi con Betti a discutere di un testo  rimasto poi impigliato in resistenze soprattutto in regione e che non vive mai la luce. Quando chiesi a Martini se prima di lasciare la presidenza della regione ce la faceva a farla approvare mi rispose che la vedeva davvero dura. E così fu. Con la nuova giunta Rossi toccò all’assessora Bramerini riprendere la fiaccola che ora però risulta spenta. Infatti non ci sono più state proposte nonostante i ripetuti e rassicuranti impegni e l’unica decisione sembra essere stata quella di inserire anche il tema dei parchi e  delle aree protette –nel frattempo finite in cantera di fondo- nella nuova legge regionale comparto paesaggio. Non è male ricordare al riguardo che nel frattempo con il nuovo codice dei beni culturali ai piani dei parchi  è stato  sottratto proprio il paesaggio così che la regione tolse ai parchi anche il nulla osta conseguente.

Eppure basta fare riferimento alle nostre aree protette regionali, locali e nazionali per capire il ruolo strategico di questi territori con i quali si dovrà misurare e fare i conti qualsiasi piano paesaggistico ma anche qualsiasi politica regionale di governo del territorio e quindi la nuova legge. Maremma, San Rossore, Apuane, Val di Cornia, Montioni, Monti livornesi, Arcipelago, Foreste Casentinesi, Appennino Tosco-Emiliano, Fiume Magra bastano questi nomi più altri come La Piana, Val d’Orcia a delineare  una mappa a cui guardare che non è certo riconducibile unicamente  al rapporto regione-comuni. La ‘dimensione’ di questi territori citati specie dopo la sparizione delle Comunità montane e quella prossima delle Province richiede livelli e ‘specialità’ di gestione che possiamo avere soltanto con i parchi e le aree protette e le autorità di bacino.

Ma di questo almeno finora non vi è traccia nel dibattito e nelle polemiche in corso. Eppure se si vuole davvero rilanciare politiche di governo del territorio incentrate su una effettiva programmazione e pianificazione bisogna passare da qui perché qui nella maggior parte dei casi sono già state avviate politiche di piano che consentono ‘grazie’ al parco, tanto per fare un esempio, ai comuni del pisano di pensare ad un piano strutturale appunto non riconducibile ad un solo comune. La stessa cosa vale specialmente in quelle realtà –vedi l’Elba- dove i comuni insieme non riescono a starci e dove il parco nazionale dell’Arcipelago sicuramente può aiutarli a superare gli angusti munipalismi.

Sarebbe bene perciò sapere qualcosa di più di quel che bolle in pentola ed anche perché l’assessore ai parchi della regione nonostante questa situazione sembra occuparsi soltanto di altre cose.

Pubblicato il da Renzo Moschini | Lascia un commento

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