Le regioni dopo la riforma del senato
All’inizio di questa travagliata vicenda politico-legislativa da più parti si parlò di Camera delle regioni per ricordare ipotesi federaliste già clamorosamente naufragate che si sarebbero potute resuscitare. Fu presto chiaro, però, che la piega sarebbe stata semmai di segno opposto, come il voto finale ha confermato.
Il ministro Boschi su l’Unità ha parlato infatti di minori poteri delle regioni e delle autonomie. E non è certo un caso che l’intervento di Giorgio Napolitano accenni a questo nodo per dire in sostanza che la partita non può essere considerata definitivamente conclusa. Enrico Rossi e altri rappresentanti di regioni hanno sottolineato però che il testo prevede che le regioni brave possono rivendicare la gestione di competenze statali come la valorizzazione dei beni culturali e altro. E già qui non sarebbe male ricordare le tante polemiche che proprio su questo aspetto sollevò la decisione del governo di affidarne la gestione ad un esperto di supermercati. Se le competenze concorrenti sono state eliminate, e con esse la ormai paralizzante conflittualità costituzionale, non è che siano state tracciate chiaramente le linee di confine tra competenze statali e competenze regionali. Per le regioni è chiaro soltanto che il loro operato sarà fondamentalmente circoscritto alla ‘attuazione’ in sede regionale delle competenze statali. Non solo: ma se lo stato ritiene che questo pregiudichi in qualche modo l’unità nazionale, può mettere becco anche in quello senza tanti preamboli. Insomma, come alcuni dissero fin dall’inizio, era ripresa la ‘spinta contro-riformatrice’. E le regioni dovevano tornare ad un ruolo vocato, più che a legiferare, a amministrare e a coordinare per veicolare le norme e competenze della stato. In sostanza, con il cosiddetto titolo trasversalità, le competenze delle stato possono incidere su quelle delle regioni in una co-legislazione che, tanto per cambiare, premia lo stato e penalizza le regioni.
D’altronde, se nel passato le cose sono andate come sappiamo, anche per mancanza di sedi, strumenti e procedure volte al coinvolgimento delle autonomie, non è che la nuova stagione presenti significative novità.
Visto il rilievo che oggi hanno assunto i temi e i ritardi nel governo del territorio, e specialmente dell’ambiente, basterebbe verificare come nella gestione del suolo, la natura, il paesaggio pur dotat, di buone leggi, la leale collaborazione non abbia mai attecchito seriamente.
Ecco perché la partita stato-regioni autonomie non è conclusa.
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Renzo Moschini