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Occorre ricordare la storia naturale della nostra specie, legata a questo pianeta, dove le leggi della natura governano il nostro futuro. Nei parchi sono leggi visibili, raccolte nelle culture stratificate del territorio. I parchi sono allora anche un fatto di cultura, che ritroviamo nel senso di chi abita un luogo, tradotto in paesaggio, e dove insieme alle dinamiche dell'abitare si muovono vita ed economia. Abbiamo bisogno di rinnovare allora il nostro modo di parlare di aree protette e di natura, con nuove visioni e un nuovo modo per comunicarle.

Ma il Parco… si vede?! Riflessioni intorno a paesaggio e parchi e uno sguardo oltre oceano.

Intorno al binomio paesaggio e parchi non pare per nulla tutto scontato.  Anzi.

Il D.Lgs 42/2004 ha ribaltato un assunto sul rapporto fra Paesaggio e Parchi che la legge dei parchi, la 394/91, aveva, con grande innovazione, affermato: la legge 394 prevede infatti all’art. 12 comma 7 che: “Il piano ha effetto di dichiarazione di pubblico generale interesse e di urgenza e di indifferibilità per gli interventi in esso previsti e sostituisce ad ogni livello i piani paesistici, i piani territoriali o urbanistici e ogni altro strumento di pianificazione.”

Una unione fra aspetti ambientali e di paesaggio che ha rappresentato una innovazione, anche nei confronti dei contenuti della Convenzione europea del Paesaggio firmata nel 2000 a Firenze e che sancisce un valore onnicomprensivo del paesaggio, che già i parchi – nella legge come nel loro operare specifico – avevano già ricompreso, coordinando gli aspetti natutalistico-ambientali come parte di quelli paesaggistici.

Purtroppo e appunto l’articolo 145 del D.Lgs 42/2004 “Coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione”, stabilisce al comma 3: ” Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione.”

In questo bisticcio di competenze e ruoli sovraordinati, si sono sviluppate azioni che hanno persino bloccato le leggi che stabilivano quanto previsto dalla legge nazionale sulle aree protette 394.

E’ il caso della sentenza della Corte Costituzionale n. 180 del 30 Maggio 2008 nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 2, della legge della Regione Piemonte 19 febbraio 2007, n. 3 (Istituzione del Parco fluviale Gesso e Stura) con la quale è appunto stata dichiarata non legittima la legge piemontese in quanto: “Il medesimo art. 145 contempla, al comma 3, il principio di “prevalenza dei piani paesaggistici” sugli altri strumenti urbanistici, precisando, segnatamente, che: “Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette”.

Insomma una separazione fra gestione del paesaggio e parchi che non fa certo del bene, e fa pensare che chi si occupa di parco non possa farlo anche per il suo “paesaggio”. Ovviamente il National Park Service dice e fa il contrario.

Mi riferisco all’esperienza interessante che nel 2010 la Biennale Creare Paesaggi ha portato in Italia ed a Torino, legata al Piano di gestione delle visuali di Yosemite Park, di cui è responsabile del progetto Kevin Mc Kardel, architetto, esperto in paesaggi storici, che ha maturato una profonda competenza nella gestione della vegetazione di siti storici. Il Piano ha infatti l’obiettivo di salvaguardare e ripristinare vedute panoramiche dello Yosemite (area dichiarata di interesse pubblico dal governo federale già nel 1864), rimaste ora occultate dalla vegetazione con un censimento che ne ha attualmente schedate in tutto ben 181. (documenti)

Ma è il caso di ricodare che in proposito, anche se in modo meno approfondito ed attrezzato, anche nella nostra esperienza esistono degli strumenti, anche se solo di indirizzo generale.

Se ne riflette nella nuova pagina dedicata nel web che il parco del Po torinese ha dedicato al tema del Piano, alla voce Paesaggio e Piano. Ed è una occasione per verificare come, nonstante i problemi prima richiamati delle nostre sapute leggi, con l’adozione del Piano Paesaggistico Regionale del Piemonte avvenuta con Deliberazione della Giunta Regionale 4 agosto 2009, n. 53-11975 ( Regione Piemonte – Bollettino Ufficiale – Supplemento n. 3 del 06/08/09 al n. 31 del 06/08/09), la normativa regionale piemontese ha considerato i Piani d’Area quale stralcio dello stesso PPR, riaffidandogli quindi un contenuto paesaggistico e una competenza di espressione in tal senso nel momento di adozione del parere da parte del parco rispetto al Piano d’Area. Infatti all’art. 18 delle NdA del PPR è prevista la compatibilità degli interventi quando previsti dai Piano d’Area. Questo recupero della norma è importante, oltre che per una ragione generale, anche perchè spesso le norme dei Piano dei Parchi destinano proprio una specifica area ai temi del paesaggio.

E’ il caso del Piano d’Area delle Aree protette della Fascia del Po in Piemonte. Infatti all’art. “Aree ed elementi di specifico interesse storico, artistico, culturale e paesaggistico.” delle sue Norme di Attuazione si prevede che il Piano tenda a promuovere il recupero e la valorizzazione del patrimonio storico-culturale della fascia fluviale, e delle sue relazioni con il contesto culturale, ambientale e paesaggistico, disciplinando gli usi e le modalità d’intervento, con riferimento alle categorie così normate dal Piano:

  • Art. 3.7.1. Centri e nuclei storici
  • Art. 3.7.2. Beni culturali isolati e loro pertinenze
  • Art. 3.7.3. Siti di interesse archeologico
  • Art. 3.7.4. Aree ed elementi di specifico interesse paesaggistico ambientale

E’ importante ricordarlo in quanto il Piano riconosce come aree di specifico interesse paesaggistico tutte le zone N, A, U che, sulla base degli studi condotti ai sensi dell’art.4.2 risultano di alta qualità sotto il profilo paesistico-percettivo ovvero di media qualità in situazione di alta criticità. L’insieme di tali zone è articolato nei “contesti paesistici” di cui agli schemi grafici allegati, così denominati:

  1. la Valle Alpina fino a Saluzzo;
  2. l’alta pianura di Staffarda;
  3. i meandri incisi nella piana di Carmagnola;
  4. il fiume metropolitano torinese;
  5. il Chivassese;
  6. la risaia e le colline del Monferrato casalese;
  7. il grande fiume;
  8. terrazzi alluvionali della Dora Baltea.

E’ un elemento questo non secondario e sulla base del quale vengono applicate specifiche attenzioni paesaggistiche agli interventi.

Dunque, viste queste esperienze, visto che cosa si fa negli storici parchi americani, perchè non cercare di occuparci meglio e di più di paesaggio, spazi percettivi, visuali anche nei nostri parchi? Altro che dividere le competenze.

Pubblicato il da Ippolito Ostellino | Lascia un commento

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