La natura torna ad Arte
…………..(perchè non è ancora la fine del mondo…)
di Monica N. Mantelli e Ippolito A. Ostellino
It’s not the end of the world. “Non è la fine del mondo”, cita il claim di Artissima19, la fiera d’arte che si è appena conclusa all’Oval di Torino.
E visitandola si scopre che il contenuto giustifica la speranza implicita nel titolo.
Nella kermesse pedemontana delle avanguardie 2012, una buona parte del linguaggio fotografico, pittorico, scultoreo, video e installativo è tornato a piene mani sul tema cosiddetto “tradizionale” della Natura, del rurale e del verde.
La proposta espositiva neodiretta da Sarah Cosulich Canarutto non avrà forse colpito i cultori del “cutting edge” contemporaneo, ma di sicuro ha rincuorato chi cercava rifugio in una visione più green e sensibile all’ormai difficile equilibrio sociale tra uomo e a ambiente.
Palesi i riferimenti – alquanto armarcord – di tributo alla bellezza dei paesaggi o di denuncia al trattamento del territorio, oppure sul rapporto società – natura. Con quest’ultima che finalmente invade l’habitat umano o si rivale sull’artefatto antropizzato.
Troneggiano gigantografie di interni di case dove – tra arazzi d’epoca e oggetti di design di ultima generazione (e assenza di qualsiasi traccia umana), tornano a farla da padroni cervi, aironi cenerini, lepri e passerotti. Seppur immobili. Congelati si direbbe.
Si susseguono lunghi tronchi d’ albero e radici deposte funerariamente su lettiere di terra, quasi pronte ad essere celebrate post mortem. Zappe, vanghe e rastrelli con il manico a radice rivolta verso il cielo fanno il verso al design organico del passato. Alberi striminziti come bambini del Biafra si impalano su sterili basi di mattone urlando silenziosi il loro dissenso.
Rigorosi scatti in bianco e nero mostrano l’orgoglio di vedute alberate e vertiginose cadute alpestri ad effetto tridimensionale mentre disegni di querce secolari sezionate in ordinati blocchi formato A4, indicano che ormai si può godere solo più di una porzione sempre più piccola e omologata di “verde”.
Oppure ancora, una minimale installazione a muro con poeticissime foglie caduche, parzialmente ricoperte da una preziosa lamina d’oro fanno da sentiero a un trittico pittorico di coloratissimi fiori kitsch – degno contro altare di un generoso mazzo di rose rosse che censura un pube.
Un insieme di riferimenti che tornano a una Natura vera, fatta di cortecce, fibre, tessuti e corpi. Quindi a quella componente alla quale guardare per superare il baratro anticipato per il 21 dicembre prossimo dalle culture sudamericane.
A questa natura della terra, ai sensi ed alle sue forme, piene di storia, il sapere dell’Uomo deve rivolgersi per evitare quella deriva troppo tecnologica – ispirata alla moda Smart o alle celle fotovoltaiche – che nel delirio del non emettere in atmosfera perde il contatto con la Terra, le radici e i viventi.
MUSIC – FLOWERS – MEAT. Tre parole installate a terra in uno degli ultimi stand visitati. Un motto che dà il senso chiave di questa fiera-specchio dei tempi.
What else, direbbe George Clooney.
GREENREPORT – 13 /11/2012
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