Vai alla home di Parks.it
I parchi sono una speranza di futuro. Ogni giorno consumiamo territorio e ambienti naturali. Distruggiamo habitat che danno vita a specie che ancora neanche conosciamo.
La cultura, l'arte, la musica, la natura sono l'anima stessa dell'Umanità, senza resteremmo solo merce. E nel mare in tempesta il cuore di chi ha speranza in un domani migliore deve essere saldo.
Qui proviamo a parlare delle migliori idee, delle buone pratiche, dei problemi, dei guai, della vita della gente, della natura e dei parchi.

in memoria dell’orso Dino

Passato qualche giorno dal gran clamore mediatico, ripenso a Dino.
Questo orso ci ha fatto tanto sperare e sognare, discutere e scommettere sul futuro. Già perché adesso sembra normale ma pochi anni fa l’orso alle Dolomiti era solo una speranza seppur vaga.
Quando scrissi il primo depliant istituzionale del parco nazionale Dolomiti Bellunesi era il 1995 e di orsi neanche a parlarne.
Nei Balcani c’era la guerra.
Quando tre anni fa organizzamo il convegno “Parchi per una sola Terra” e i festeggiamenti per i 15 anni del parco, sul manifesto c’era proprio un orso e la splendida frase di Dino Buzzati: “l’orso è però avventura, leggenda, storia antichissima, cessata la quale ci sentiremmo tutti un poco più poveri e tristi”.
Quindi quande apparvero le prime impronte di orso nel parco, io non stavo nella pelle. Quando i forestali lo fotografarono in Valle del Mis lanciai un urlo di gioia e proposti di chiamarlo Dino, in onore del nostro grande scrittore e giornalista, Dino Buzzati.
E Dino fu. Un pupillo che correva di qua e di la. Non mancò di fare qualche danno, ma del resto in primavera con la fame del letargo da sfamare…
Gli uomini sulle Dolomiti hanno perso l’abitudine a convivere con i predatori. Ma adesso il ritorno dell’orso, l’avanzata della lince, l’apparizione dello sciacallo dorato e il ritorno del lupo, pongono a noi tutti la necessità di imparare, di reimparare, a convivere con i selvatici.
Non possiamo fare come in Francia dove i pastori non hanno i cani. Non possiamo più lasciare pollai e altri animali domestici senza difese. Basteranno poche semplici regole di buonsenso e non ci saranno problemi.
Ma occorre innanzitutto che noi umani, privati cittadini, amministratori, educatori, cacciatori, agenti di polizia, impariamo a rispettare tutte le altre forme di vita, anche quelle da gestire, anche quelle più problematiche.
Sperando che non capiti mai più di dover sospettare che la morte di un animale libero e selvatico sia imputabile ad una nostra cattiva gestione della sua vita tra noi.
Negli USA, patria dei parchi nel mondo, i cacciatori sono vestiti di arancio fluorescente quando devono andare a caccia, così come gli stessi ranger quando devono abbattere un animale divenuto pericoloso. Già perché non va dimenticato che negli Stati Uniti, gli orsi Grizzly fanno anche vittime tra gli uomini troppo imprudenti o confidenti.
Negli USA si vestono di arancione perché così i selvatici imparano ad identificare due diverse specie un pò simili: a) l’Uomo, vociante, chiassoso, vestito di molti colori e inoffensivo; b) il cacciatore, silenzioso, vestito di arancione e pericoloso.
Solo così nei parchi americani si riesce ad avvicinare tantissimo gli animali, confidenti e sereni come da noi non sono mai.
Ecco, speriamo che la triste fine di Dino ci insegni a rapportarci meglio agli orsi e a tutti i selvatici.

Pubblicato il da Nino Martino | 1 commento

Una risposta a in memoria dell’orso Dino

  1. Enrico D'Alberto scrive:

    Tutto vero, sacrosanto e condivisibile. Ma ad imparare, anzi reimparare a gestire la rinnovata convivenza tra esseri umani e grandi selvatici sono in primis coloro che sono chiamati a gestire professionalmente le risorse faunistiche del territorio: il radiocollare/cappio dell’orso Dino ne è la più eloquente e, ahimè, tragicomica delle riprove.

Lascia un commento

aprile: 2011
L M M G V S D
« Mar   Mag »
 123
45678910
11121314151617
18192021222324
252627282930  
Meta