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Aree protette: una conquista di civiltà, un indice di progresso, una grande risorsa per il futuro.
Occorre ricordarlo.

Come ti storpio i parchi

Alla commissione ambiente del Senato, forse approfittando anche della situazione quanto mai incasinata, non solo in parlamento, si sta discutendo una legge che ha preso le mosse dalle aree protette marine per mettere nei fari anche più direttamente la legge 394 giunta al suo ventennale.

Saltando a piè pari le modalità e soprattutto le motivazioni sulla base delle quali si è avviata alla chetichella questa discussione, che sembra rispondere soprattutto a talune sollecitazioni ora sulla nautica ora sulla pesca sportiva ma non certo dai travagli del mondo dei parchi e specialmente delle aree protette marine, va detto subito che si tratta di una ‘porcata’ resa più grave dai troppi silenzi e dalle intese diciamo bipartisan che non sempre si rivelano felici. Tanto più sconcertante è  il silenzio dei parchi e delle istituzioni che pure ne escono mortificate e tagliate fuori.

Intanto la legge stabilisce sorprendentemente che le aree marine riguardano solo lo stato e i parchi nazionali. I parchi regionali, e quindi le regioni, non hanno infatti più alcun  titolo, e nei pochi casi in cui dovranno dire la loro saranno  appunto ‘sentite’ con tanti saluti alla ‘leale collaborazione istituzionale’ di cui parla inutilmente da 10 anni il titolo V della Costituzione.

In sostanza mentre i parchi nazionali sono terrestri, fluviali, lacuali ed eventualmente marini, quelli regionali sono anch’essi terrestri, fluviali e lacuali ma qui si fermano perché il Rubicone marino gli è interdetto. In europa una idea così brillante  manco se le sognano. Insomma la geografia delle regioni italiane, repubbliche marinare incluse, non ha accesso al mare.

Ma ai legislatori del Senato non è bastato tagliare fuori le regioni, in omaggio al federalismo delle chiacchere, che in molti casi peraltro hanno già da anni una loro presenza significativa e positiva nel settore, e non soltanto in Liguria. Non paghi di estromettere le regioni e i parchi regionali, accentuano infatti anche la separatezza tra gestione marina e gestione costiera, che ha già messo in crisi in questi anni il comparto marino. Crisi tanto più seria dal momento che, negli anni successivi all’entrata in vigore della 394, la comunità europea ha accentuato la sua presenza e iniziativa, volta appunto ad integrare la gestione marina con il restante territorio.

Di primo acchito, specie per chi ha presente ( ne dubito che ne sappiano qualcosa i senatori che stanno discutendo la legge) che il ministero al momento di decidere sull’affidamento della area protetta al parco regionale di Portofino ricorse ad una interpretazione di comodo, poi risultata infatti fasulla, per negargliela in quanto parco appunto regionale, viene da pensare che, con anni di ritardo, si voglia legittimare una scelta politica che la corte dei conti considerò poi illegittima, sgombrando il campo dai parchi regionali, che oggi dalla loro non avrebbero più la legge 394.

Ma sgombrato il campo dai parchi regionali il nostro ingegnoso legislatore che ti fa? Riconduce si le estensioni a mare ai soli parchi nazionali, che ne risponderanno sul piano contabile e amministrativo ma non pianificatorio, perché al mare ci penserà il ministero sulla base delle norme delle aree protette marine, che restano così ancora una volta separate per viaggiare su un binario romano distinto. Il piano del parco, insomma, a cui è già stato sottratto la parte paesaggistica ( nessuno sembra ricordarselo) non giocherà in campo marino, con tanti saluti alla gestione integrata. E non basta.

E’ noto, o dovrebbe esserlo, che finora tra le cause non ultime della crisi delle nostre aree marine protette, considerate da tempo in stato preagonico, c’è la pretesa ministeriale di gestirle diversamente dalle altre aree protette, a partire dal coinvolgimento dei soggetti istituzionali. Mentre per i parchi terrestri nazionali o regionali stato, regioni ed enti locali sono coinvolti, per le aree protette marine questo coinvolgimento quando c’è stato è stato del tutto discrezionale al punto, ad esempio, che le province raramente partecipano alla gestione.

Ecco che il nostro solerte legislatore, dopo che il provvedimento tremontiano dove si trova di tutto ha deciso che i consorzi previsti dall’art 24 della 394 vanno abrogati, per cui regioni come l’Emilia Romagna che se ne avvaleva deve cambiare cavallo, nella nuove legge prevede i consorzi per la gestione delle aree marine, formati per almeno il 70% da enti locali. Il ministero in sostanza individua i soggetti gestori. Non ci vuol molto a capire che questa impalcatura che prevede designazioni varie, organismi che di fatto prendono il posto delle vecchie e non rimpiante commissioni di riserva, di cui si propone l’abrogazione, per reincarnarsi in altre trappole che nessuno ha mai neppure pensato potessero neppure essere prese in considerazione per i parchi terrestri, nazionali o regionali che siano.

In conclusione si mette mano alla legge quadro per approfondire la separatezza della gestione delle aree protette marine finora praticata ma in contrasto con la legge che ora sanzionerà a tutti gli effetti il divorzio. C’è qualcuno che possa spiegare perché solo per le aree protette marine debbano essere previste rappresentanze etc che non valgano anche per gli altri parchi?

Perché i consorzi non vanno bene a terra e a mare si? La commissione ambiente del senato si è presa la briga di vedere come terra e mare sono gestiti in Corsica, a Porto Cros o al parco regionale ( si regionale) di Armerique in Francia? Risulta ai nostri esimi legislatori che la Carta della Natura non faceva certo distinzioni tra natura asciutta e bagnata, e perché mai un parco regionale può gestire una tenuta di valore mondiale come San Rossore ma per la Meloria dovrebbe decidere il ministero?

Concludendo c’è da restare basiti che, nel momento in cui nel paese si torna con passione a discutere finalmente dei beni comuni, di un nuovo governo del territorio coerente con le disposizioni costituzionali, e mentre ambienti confindustriali trovano sorprendente che i parchi debbano dire la loro su grandi opere ad alto impatto ambientale, al Senato si stia riscaldando una simile ribollita, che non ha certo i pregi di quella fiorentina.

Pubblicato il da Renzo Moschini | 1 commento

Una risposta a Come ti storpio i parchi

  1. Renzo Moschini scrive:

    grazie
    ciao
    Renzo Moschini

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