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Occorre ricordarlo.

Parchi, approdo politico-istituzionale a rischio

Si sono appena concluse una serie di iniziative per ricordare il ventennale della legge quadro sui parchi e mi sono chiesto se venisse  finalmente accolta la proposta di una terza conferenza nazionale sui parchi con quali proposte le nostre istituzioni –aree protette  in testa- e con loro le associazioni ambientaliste si presenterebbero. La domanda non è retorica perché persino l’ appuntamento nazionale di Federparchi aveva  riguardato il passato e il presente ma non  il futuro. E non aiuta  molto riconfermare che comunque è utile rimettere mano alla legge tanto più se si continua a farlo con inspiegabili e colpevoli omissis come diremo. Ho detto che l’interrogativo riguarda tutte le istituzioni come discuteremo a giorni nell’incontro nazionale del Gruppo di San Rossore per fissare un nostro appuntamento nazionale. Ma è indubbio che spetta soprattutto a Federparchi ossia alla rappresentanza istituzionale delle nostre aree protette nazionali, regionali e locali e comunitarie dire cosa ci si aspetta e quindi cosa si propone allo stato, alle regioni e agli enti locali dopo la prolungata latitanza non soltanto ministeriale di cui le uniche tracce che restano sono le intercettazioni telefoniche con Bisignani, i tagli e i commissariamenti. Risposte dunque nazionali perché oggi più che mai è in discussione il sistema nazionale dei parchi e delle aree protette. E non è certo un caso che abbiano circolato e circolino  proposte, ad esempio, prima dell’UPI e poi  di altri per abrogare i parchi regionali, tanto più sconcertanti in questo momento di grande confusione del quadro regionale. E  non lo è di meno il fatto che nei diversi e recenti appuntamenti le regioni e i loro parchi non li abbiamo visti coinvolti come sarebbe stato più che opportuno doveroso. E siccome il nodo da sciogliere resta appunto quello del futuro del nostro sistema parchi che tale e del tutto non è mai stato, sarà bene partire da qui. E quindi dalla prima conferenza nazionale che riconobbe grazie a Scalfaro la ‘supplenza’ costituzionale svolta dalle regioni fino a quel momento. Ma forse non si colse allora e neppure in seguito il vero significato di questo riconoscimento e cioè che per i parchi regionali finiva la stagione della supplenza perché essi diventavano finalmente di ‘ruolo’. E con loro diventava a tutti gli effetti di ruolo la loro associazione che non a caso si era chiamata ‘coordinamento nazionale dei parchi regionali’ e che ora poteva meritatamente e doverosamente rappresentare tutto il sistema dei parchi. Ma non fu così – come è bene non dimenticare- perché il ministro Ronchi che ha parlato al convegno di Federparchi allora non voleva che alla Conferenza avessimo il ruolo che ci competeva. E quando come direttore di Parchi contestai sulla stampa questa impostazione lui prese carta e penna e scrisse al Presidente del coordinamento Bino Li Calzi perché prendesse ‘provvedimenti’ a mio carico.  Li Calzi si badò bene naturalmente  dal farlo ma poco dopo proprio in San Rossore in occasione della prima Festa dei parchi Ronchi in una conferenza stampa che lasciò di stucco i convenuti affermò che con la legge 394 i ‘veri’ parchi erano diventati quelli nazionali. Affermazione del cui significato e delle cui implicazioni avemmo dopo poco chiara conferma quando Ronchi negò -stravolgendo la legge- l’affidamento della gestione dell’ area marina di Portofino al parco regionale. Una vicenda che come vedremo tra poco introdusse una rovinosa separazione tra aree protette marine e parchi terrestri, problema tutt’ora irrisolto e ulteriormente stravolto dalla legge in discussione al senato.

La risposta di Federaparchi allora fu netta e precisa e ci stimolò ad avviare con successo  nelle Marche un lavoro nazionale sulle aree marine con CIP ( coste italiane protette)

Che riuscì dopo qualche anno  alla seconda Conferenza nazionale di Torino ad avere anche un riconoscimento ministeriale rimasto purtroppo sulla carta. A Torino nella seduta dedicata alle aree protette marine coordinata da Cosentino quando esposi per Federparchi -e per l’ennesima volta- le nostre posizioni contro le decisioni prese da Ronchi il Comandante della Capitaneria di Porto di Genova disse che avevo completamente ragione perché certe scelte e decisioni non potevano competere primariamente a lui. Scoprii poi e per caso che  negli atti integrali della Conferenza quella seduta risultava ‘depennata’ di questo non trascurabile ‘spezzone’. Nel ricordare questa fase non si può non aggiungere che alcuni anni dopo l’avvio di Portofino la Corte dei conti giudicò gli atti e le decisioni del ministero in contrasto con la legge 394 e anche con la 426. In altri termini la gestione delle aree protette marine prevista dalla legge non comportava alcuna separazione da quella terrestre e discriminazione tra parchi nazionali e regionali che da allora è rimasta invece il faro ministeriale fino all’ultima trovata. E veniamo così –dopo il passato- al presente che significa però soprattutto futuro. E cioè la legge del senato che guarda caso ha preso le mosse  proprio dalle aree protette marine con la motivazione che per rilanciarle   bisognava assolutamente  rivedere la legge anche se come abbiamo appena ricordato  non è assolutamente vero e lo è ancor meno alla luce di tutta una serie di disposizioni anche recenti della Unione europea. Ma qui a differenza di quanto facemmo da Portofino in poi fino al riconoscimento di CIP (consiglio a chi straparla sull’argomento di andarsi a  vedere atti, documenti, libri di CIP sulla gestione integrata delle coste di cui da anni non si fa più parola) oggi sul testo della legge si sono dette una sacco di cose, presentati persino filze di emendamenti ma si continua a tacere su quanto è detto in apertura del testo e cioè che dalla legge 394 vengono cancellate queste poche parole in riferimento  ai parchi regionali ‘nei brevi tratti di costa prospicenti’ alle regioni. Norma che ha consentito in Liguria come in Calabria di istituire aree protette marine regionali. Insomma i parchi regionali potrebbero essere terrestri, montani, fluviali, geologici e archeologici ma non marini. Eppure pochi anche in sedi istituzionali sembra essersene  accorti tanto e vero fin dalle prime discussioni su quel testo si è parlato di tutto tranne di quella grave cancellazione.

C’è qui la conferma di  una allarmante carenza  di proposte  in grado di prospettare una  via d’uscita politico-istituzionale alla crisi che incombe sui nostri parchi. Di questi documenti e proposte serie non vi è traccia al senato ma non solo. Eppure queste  proposte hanno sempre caratterizzato l’impegno e l’iniziativa della associazione come ben testimonia lo speciale di Parchi pubblicato per il ventennale. Oggi va resuscitato innanzitutto il ruolo del ministero e quello delle regioni perché possano decollare quelle politiche di ‘coesione’ di cui parla il ministro Fabrizio Barca in una sua recentissima relazione. Coesione infatti  è il termine che più si attaglia  anche ai  parchi e non soltanto a quelli del sud.

Insomma l’opposto di quello a cui si sta lavorando ancora  a Roma per separare e dividere quello che deve essere invece  integrato e –appunto- coeso. Noi ci auguriamo e lavoreremo –anche con il nostro appuntamento nazionale- perché Clini avvii una nuova musica. Settis, ad esempio, è tornato a riproporre l’unificazione del ministero dei beni culturali con quello dell’ambiente perché le politiche ambientali del paesaggio e della natura possano finalmente unificarsi. Ma è chiaro che per farlo  non basterebbe rilanciare le oggi malmesse sopraintendenze.  Il  volano perché quelle politiche unificanti possano riprendere quota deve  restare fortemente ancorato al ruolo e alla responsabilità degli enti parco nazionali e regionali oggi tagliati fuori dal paesaggio. Anche Vezio De Lucia ha posto recentemente questa esigenza di unificazione della gestione paesaggistica e naturalistica da affidare agli enti parchi la cui titolarità di dovrebbe  riguardare solo i livelli istituzionali e non altre rappresentanze salvo apporti specifici come nel caso dei comitati scientifici ecc.

Il gruppo di San Rossore che ha già con propri documenti e proposte avviato questa  fase di riflessione a cui dedicheremo il prossimo appuntamento nazionale lo farà nella maniera più aperta al confronto e senza peli sulla lingua.

Renzo Moschini

Pubblicato il da Renzo Moschini | Lascia un commento

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